“Il mio bimbo torturato per un prelievo del sangue”. La denuncia della mamma

Un prelievo del sangue su un bimbo di soli 4 mesi ha causato lividi per giorni sul suo delicato braccio e un rischio trombosi: il racconto della mamma per denunciare la mancanza di professionalità dell’ospedale.

Federica, una mamma di Adria, ha denunciato un comportamento per lei inaccettabile con il quale ha avuto a che fare nell’ospedale in cui era andata per sottoporre il figlio di 4 mesi ad un prelievo del sangue. Questa semplice operazione, a quanto pare, si è trasformata di una vera tortura ed ha provocato una compressione e un livido per diversi giorni. Mamma Federica ha deciso di raccontare tutto,  a però voluto precisare di non essere un genitore apprensivo: “I miei figli sono nati prematuri e sono stati 50 giorni in terapia intensiva a Padova dove sono stati sottoposti a ogni trattamento medico possibile, con sondini, cannule e perfino prelievi fatti sul cranio. Questo per far capire che ne ho viste tante e non sono certo una mamma apprensiva che va in ansia per un prelievo”, ha affermato la mamma.

Mi è stato detto – prosegue il racconto- che l’infermiera che di solito si occupava dei prelievi era impegnata per un cesareo e un’altra infermiera ha detto ‘Provo io’. E già il verbo provare suonava strano”, ricorda Federica. “Due infermiere hanno così iniziato la loro prova. Una ha detto all’altra di farle da laccio emostatico. Altra cosa piuttosto strana: non capivo perché non usassero il laccio come si fa in questi casi. Invece, per prendere la vena nel braccino di mio figlio che pesava appena 5 chili, hanno pensato di schiacciarlo con la pressione del proprio corpo. Mio figlio si è messo a piangere disperato. Hanno provato per tre volte ad inserire l’ago, ma senza trovare la vena”.

Per fortuna è arrivata una terza infermiera che, aiutandosi con il laccio, in pochi secondi ha realizzato il prelievo sull’altro braccio. Però, il primo braccio è diventato color viola e il pediatra del piccolo ha affermato di non aver mai visto una cosa del genere. Ha inoltre affermato che il piccolo ha corso il rischio di una trombosi e che curare il braccio avrebbero dovuto utilizzare una pomata per una settimana.

Il padre del bambino ha voluto mandare una segnalazione all’ospedale di Adria nel quale si è svolto il fatto ma la cosa sembra essere caduta nel vuoto. La famiglia non ha e non vuole risarcimenti né intende esporre una denuncia contro l’ospedale. Ma semplicemente, desidera che una situazione del genere non si ripresenti mai più. “Per i miei due piccoli ho un senso di riconoscenza verso la sanità in generale. Per questo mi rammarica essere stata testimone di una condotta così grave”. Questa la conclusione di una mamma semplicemente preoccupata e, tra l’altro, impossibile da biasimare.

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