«Appoggiai le mani sulla tomba, sentii un forte bruciore, la TAC accertò che era tutto passato»
Un carcinoma maligno al fegato, inoperabile, questa la diagnosi espressa all’ospedale di Fondi, Latina, e confermata al Policlinico Gemelli di Roma nell’autunno del 2007. Dopo la terribile notizia fa un pellegrinaggio alla tomba di Sant’Antonio a Padova un anno dopo la guarigione, che viene confermata anche da medici specialisti. Esito confermato negli anni successivi ogni volta che Antonio Cataldi, 54 anni, albergatore, si è sottoposto ai prescritti controlli.
Il Sing. Cataldi è il titolare dell’Hotel dei Fiori, quarta generazione di una famiglia che lo fondò nel 1907, sposato con Angela, padre di Civitina, Matteo (entrambi con più di 30 anni), Filippo Maria (ventenne).
Racconta che in quel settembre 2007, per un disturbo di cui non sapeva farsi ragione, gli era stato consigliato dal fratello medico Enzo di sottoporsi ad esami clinici nell’ospedale locale. Fu una scoperta agghiacciante quella della diagnosi, in seguito confermata al Policlinico Gemelli.
«Mia sorella Amalia, che più volte era andata in pellegrinaggio a Padova, mi esortò a seguirla in un viaggio organizzato in pullman. Così, io che ero devoto del Santo, come mia madre, ma non ero mai stato alla sua tomba, andai».
E che cosa accade quel 14 ottobre 2008?
«Insieme a mia sorella sostai davanti alla tomba e, mentre appoggiavo le mani sulla lastra di marmo, sentii un forte bruciore prendermi dall’inguine alla testa. Pochi secondi, che dovettero però alterare la mia espressione, perché Amalia mi chiese se stessi bene… È passato, è passato, risposi».
Poi?
«Basta. Tornammo a Fondi e mi parve di stare veramente bene; anzi, stavo decisamente bene. Mi sottoposi ad altri esami e radiografie, che mi erano stati prescritti. Era l’1 novembre e dalla Tac nulla risultò. Mi trattennero al “Gemelli” per ben venticinque giorni, per ulteriori accertamenti, e tutto risultò negativo. Il professor Baroni, primario di oncologia disse che non sapeva spiegarsi il fenomeno. Insomma, era un miracolo! Naturalmente, fu una gioia straordinaria in famiglia, fra gli amici. Il vecchio parroco disse a sua volta che di miracolo si trattava e mio fratello medico fu perentorio: “Vai al Santo e mettici la tenda… ogni anno”. Così, da allora, per il 13 giugno vengo in basilica parlo col rettore Enzo Poiana, prego».
Era uomo di fede prima di ricevere la grazia, e adesso?
«Lo sono ancora di più. Vicino al mio albergo c’è il santuario intitolato alla Madonna del cielo; ne sono assiduo frequentatore».
Gli accertamenti medici?
«Ogni tre mesi mi ci sottopongo e tutto è chiaro. Non ho fatto mai la chemioterapia, né altre cure. Mi sono affidato, soltanto, a Sant’Antonio».
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