«È stato un inciampo. È interessante ciò che si può sviluppare da qui in poi — ha fatto sapere Beatrice, nelle sede dell’associazione Trisomia21, che segue Olmo già da quando era piccolo — quei tre ragazzini non devono essere demonizzati; messi davanti alle loro responsabilità, questo sì. Ma ho letto commenti sui social network che non si addicono a questa storia». La violenza verbale si è riversata, in questi giorni, sui tre ragazzini. I bulli si sono trasformati nelle vittime, a loro volta, di cyberbullismo, Beatrice è intervenuta, sulla propria bacheca e su quella del sindaco di Bagno a Ripoli, per sedare gli animi. «Non devono essere isolati o messi alla gogna. Non è certo quel che vorrei che passasse, non vorrei che i tre ragazzini, e le loro famiglie, si sentissero braccati. Olmo è sereno e tranquillo».
I cinque protagonisti di questa storia sono ragazzi che frequentano gli stessi ambienti, le stesse scuole. Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze, è una cittadina, poco meno di ventimila abitanti, dove tutti si conoscono, tra l’Antella, Grassina, Ponte a Ema e il centro. Lo stesso tessuto sociale che ha sempre accolto Olmo e sua la disabilità, ha anche cresciuto i tre ragazzini che lo hanno vessato. E la paura è che gli autori del gesto siano presi di mira a loro volta. Ma c’è anche M., l’amico che ha denunciato tutto e che ha tentato, invano, di difendere Olmo.
«La famiglia di M. è molto orgogliosa di lui, ma ne parlano come se fosse la normalità — ha affermato Beatrice — non vogliono che si chiami eroe. È ciò che dovrebbe accadere, dovrebbe essere la normalità». Proprio per far diventare il gesto di M. normalità, il sindaco di Bagno a Ripoli, Francesco Casini, ha pensato di convocare tutti i protagonisti di quest’avvenimento, con le rispettive famiglie, in Comune. «È una brutta vicenda — ha detto ieri il sindaco — ma fin da subito abbiamo voluto mettere in evidenza ciò che ci è stato di buono: un ragazzo che non è rimasto indifferente e con coraggio ha tentato di difendere un amico. Un gesto che deve rappresentare il nostro territorio più di quello di tre ragazzi che hanno sbagliato e devono capirlo, senza però essere adesso criminalizzati. Abbiamo gli anticorpi per dire no a simili episodi. E per renderli più forti, vorremmo incontrare le famiglie dei ragazzi e costruite anche insieme a loro, alle società sportive del territorio e le Associazioni tra cui ovviamente Trisomia21, nuovi percorsi e progetti sul tema del bullismo rivolti alle generazioni più giovani». «Siamo abituati — ha concluso Beatrice — ad affrontare il bullismo alle superiori, tra i ragazzi più grandi, dobbiamo prendere coscienza che l’asticella si è abbassata e continuare a lavorare per la cultura dell’inclusione».
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