Bagno a Ripoli, la mamma ai bulli: «Venite al compleanno di Olmo»

    Disabile maltrattato al campo di calcio, l’altolà della madre alla gogna sul web: «Ho letto commenti sui social network, che non si addicono a questa storia». Il sindaco di Bagno a Ripoli invita le famiglie in Comune per riflettere insieme.

    «Vorrei invitarli al compleanno di Olmo. Un amico è un amico, anche se ti ferisce. Da quel che è accaduto possiamo solo ripartire». Beatrice ha ancora paura a parlare. Non si sarebbe mai immaginata di suscitare «tutto questo clamore» con un post su Facebook. E in seguito allo sfogo, porge la mano ai ragazzini che hanno commesso l’orrendo gesto nei confronti del figlio, a causa del quale sono stati già sospesi dalla società sportiva. I bulli hanno 13 anni, Olmo 14. L’hanno costretto a mangiare la merenda, un pezzo di schiacciata, dopo averla buttata nelle docce dello spogliatoio dell’associazione sportiva dove si allenano, a Bagno a Ripoli. «Sapeva di schifo, di terra» ha detto Olmo, mercoledì scorso, alla mamma che gli ha chiesto spiegazioni su quanto raccontato da M., l’amico di scuola che ha denunciato l’accaduto all’insegnante di sostegno. Guarda la mamma e abbassa la testa. «Olmo non stare così, che ti viene la scoliosi», dice lei. Olmo ride. «Ti piace andare a calcio?». «Sì», risponde. Ma si vergogna ad alzare lo sguardo.

    «Un inciampo diventa un’opportunità»

    «È stato un inciampo. È interessante ciò che si può sviluppare da qui in poi — ha fatto sapere Beatrice, nelle sede dell’associazione Trisomia21, che segue Olmo già da quando era piccolo — quei tre ragazzini non devono essere demonizzati; messi davanti alle loro responsabilità, questo sì. Ma ho letto commenti sui social network che non si addicono a questa storia». La violenza verbale si è riversata, in questi giorni, sui tre ragazzini. I bulli si sono trasformati nelle vittime, a loro volta, di cyberbullismo, Beatrice è intervenuta, sulla propria bacheca e su quella del sindaco di Bagno a Ripoli, per sedare gli animi. «Non devono essere isolati o messi alla gogna. Non è certo quel che vorrei che passasse, non vorrei che i tre ragazzini, e le loro famiglie, si sentissero braccati. Olmo è sereno e tranquillo».

    Nel paese

    I cinque protagonisti di questa storia sono ragazzi che frequentano gli stessi ambienti, le stesse scuole. Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze, è una cittadina, poco meno di ventimila abitanti, dove tutti si conoscono, tra l’Antella, Grassina, Ponte a Ema e il centro. Lo stesso tessuto sociale che ha sempre accolto Olmo e sua la disabilità, ha anche cresciuto i tre ragazzini che lo hanno vessato. E la paura è che gli autori del gesto siano presi di mira a loro volta. Ma c’è anche M., l’amico che ha denunciato tutto e che ha tentato, invano, di difendere Olmo.

    L’amico che l’ha difeso

    «La famiglia di M. è molto orgogliosa di lui, ma ne parlano come se fosse la normalità — ha affermato Beatrice — non vogliono che si chiami eroe. È ciò che dovrebbe accadere, dovrebbe essere la normalità». Proprio per far diventare il gesto di M. normalità, il sindaco di Bagno a Ripoli, Francesco Casini, ha pensato di convocare tutti i protagonisti di quest’avvenimento, con le rispettive famiglie, in Comune. «È una brutta vicenda — ha detto ieri il sindaco — ma fin da subito abbiamo voluto mettere in evidenza ciò che ci è stato di buono: un ragazzo che non è rimasto indifferente e con coraggio ha tentato di difendere un amico. Un gesto che deve rappresentare il nostro territorio più di quello di tre ragazzi che hanno sbagliato e devono capirlo, senza però essere adesso criminalizzati. Abbiamo gli anticorpi per dire no a simili episodi. E per renderli più forti, vorremmo incontrare le famiglie dei ragazzi e costruite anche insieme a loro, alle società sportive del territorio e le Associazioni tra cui ovviamente Trisomia21, nuovi percorsi e progetti sul tema del bullismo rivolti alle generazioni più giovani». «Siamo abituati — ha concluso Beatrice — ad affrontare il bullismo alle superiori, tra i ragazzi più grandi, dobbiamo prendere coscienza che l’asticella si è abbassata e continuare a lavorare per la cultura dell’inclusione».